lunedì 30 dicembre 2019

C come cura العلاج





Correva l'anno 2005 ed era il ponte di Ognissanti. Ero a Berlino, con la persona che avrei voluto sposare, insieme ad un gruppone di amici molto eterogenei: giovani coppie come noi, qualche sacerdote e coppie sposate di mezza età. Tra progetti di case al mare e di una nuova vita insieme lontano da Roma, l'aria gelida Tedesca tra il Reichstag, i resti del muro e Alexanderplatz  rendeva tutto così sospeso in una dimensione di eternità.  Giorni stupendi, intrisi di Arte e Storia, lunghissime passeggiate e lunghissime chiacchierate. Ricordo le interminabili camminate io e il mio bello per i larghi viali Berlinesi, lo stupore per l'altare di Pergamo, il calore di un hot dog mangiato in fretta per non disperderne la temperatura e il check point di Charlie.  In uno dei rarissimi momenti insieme agli altri all'uscita di una birreria dopo un momento conviviale, un sacerdote attempato mi prese da parte e così, dal nulla, per strada afferrandomi per il braccio inizio' a camminare verso il nostro ostello iniziando tutto un discorso che giudicai un pochino sconnesso sulla cura. 
Pensai che magari con il freddo e le gambe malferme avesse bisogno di una scusa per appoggiarsi a qualcuno e gli diedi spago, così come facevo con la mia nonna quando voleva passeggiare e farsi una chiacchierata. A volte basta proprio poco per far felice un anziano. E un anziano felice ti dà le perle migliori. 
"Ricordati: la cura è tutto. La cura è riuscire a prevenire ciò di cui ha bisogno chi ti sta davanti e darglielo senza che te lo chieda. Solo con la cura e con l'ascolto del prossimo la società potrà cambiare. Se non ci prendiamo cura gli uni degli altri, la società è destinata a crollare, a fallire. In quanto donna poi, sei chiamata particolarmente a prenderti cura dei tuoi figli, e se non ne avrai, avrai sempre qualcuno di cui prenderti cura".
Sono passati anni, ma quelle parole riecheggiano continuamente nel mio cuore. 
Prendersi cura di qualcuno è il rimedio dei mali dell'anima. Il prendersi cura è fornire all'anima quelle medicine che sono necessarie per avere ristoro e sollievo. Non a caso in arabo la radice della parola "cura" è la stessa della parola "rimedio", "terapia" e "medicina". 
Prendersi cura di chi ci sta vicino è una vera e propria arte. 
E' un riuscire ad anticipare bisogni e necessità di chi ti sta accanto, elargendo il necessario senza che venga chiesto.
E' un esercizio costante di empatia. 
E', a volte, superare noi stessi e morire al nostro Ego per strappare un sorriso. 
Prenderci cura è strappare alla morte. Riportare le menti che errano in cosmi di paure ed angosce alla realtà. Proprio come insegna Battiato nella sua canzone del secolo. 



Dopo la persona di Berlino, che si è rivelata più fredda delle temperature Tedesche, ho avuto la grazia inaspettata di incontrare chi, nel corso degli anni, ha avuto costanza, umiltà e pazienza di imparare a curarmi dalle mie ossessioni, dalle mie manie, a proteggermi dalle mie ipocondrie e paure. Spero un giorno di guarire. Non perché io sia un essere speciale. Speciale è la cura di chi ti sta accanto. 
Una cura silenziosa e costante, ricamata punto dopo punto da infiniti gesti di gentilezza discreta. Speciale è chi ti sta accanto, se riesce a cogliere i campanelli di allarme e andare oltre. 

Speciale è chi riesce ad andare oltre il tuo sorriso che nasconde un cuore lacerato. 
Speciale è chi riesce a cogliere dietro quel "tutto bene" o "sono stanco" una richiesta di aiuto.  A volte siamo talmente malati che non riusciamo nemmeno a richiedere aiuto e lanciamo improbabili campanelli di allarme nella speranza che qualcuno si prenda cura di noi e spesso basta una piccola frase, una piccola parola che può essere balsamo per l'anima. 
Ricordo una mia carissima compagna di Università, che distingueva tutte le mie sfumature di riposta alla domanda "Come stai"?
Quando ci incontravamo davanti alla Minerva, se la mia risposta "tutto bene" era soddisfacente, mi prendeva per un orecchio e "visto che stiamo bene basta cavoleggiare e andiamo a studiare che c'abbiamo l'esame".
Se non era soddisfatta, mi guardava dritta negli occhi e sorridendo mi diceva dolcemente "sei poco credibile. Chi vuoi far fessa, andiamo a farci un caffè che poi studiamo meglio". 
Se poi rispondevo "Sono stanca" era la fine. Erano abbracci e lacrime in quanto mi vivisezionava talmente bene che non riuscivo a nascondergli nulla. Ha in qualche modo anticipato questo splendido video di Terenzio Traisci. 





Troppo spesso si sottovaluta la potenza di un tocco, di un sorriso, di una parola gentile, di un orecchio in ascolto, di un complimento sincero, o del più piccolo atto di cura, che hanno il potenziale per trasformare una vita.

Leo Buscaglia 


Una cura efficace non ammette improvvisazioni o superficialità. Ci deve essere una profonda conoscenza di chi ci sta accanto.  Nel sacro dizionario  arabo per radici che amo spulciare in quanto ricchissimo di spunti di riflessione, la radice di "cura" ( علج ) è la stessa di "esaminare", "studiare", "restaurare". Non ci può essere cura senza relazione e senza profonda conoscenza dell'altro. Se non costruiamo una relazione efficace, profonda e sincera, la cura non può essere vera cura. Si avvicina ad un interesse sporadico che lascia il tempo che trova. Positivo senz'altro, ma solo per una visione a breve termine, una sterile filantropia che magari può farci sentirci sul momento buoni e bravi. Il prendersi cura è altro. 
E' ricucire ferite come un chirurgo.
E' un restaurare un monumento stupendo rovinato dal tempo e dal dolore. I restauratori devono amare il loro monumento. 
Devono vedere la sua potenziale bellezza e fare di tutto per arrivarci.
Devo impiegarci tempo, energie, passione, così come il Piccolo Principe con la sua rosa. 



Cura ed amore sono due facce della stessa medaglia. Non possiamo prenderci cura di qualcuno se non lo amiamo. Non possiamo dire di amare qualcuno senza prenderci cura di lui. 
Le mamme sanno benissimo quale rimedio è il più efficace per i loro bimbi, perché li conoscono  a menadito. Sanno quando un mal di pancia è dovuto ad un capriccio o a una caramella mangiata di nascosto e si regolano di conseguenza. Da piccola pensavo che mia mamma avesse i superpoteri ed ero veramente stupita di come avesse un rimedio per tutto. 
Da dove cominciare in un'impresa così ardua e impegnativa? 
Iniziamo da noi stessi. Dal fortificare il nostro cuore, dal volerci bene. Chi fa mestieri di cura degli altri, come docenti, medici, infermieri, psicologi, educatori, sa benissimo quanto sia importante prevenire l'esaurimento emotivo per poter conciliare quelle che sono esigenze professionali e volontà di dare un valore aggiunto al proprio lavoro. 
Non sempre le buone intenzioni sono sufficienti. Pensiamo ad esempio ai professori. 
Il docente non è un missionario o un martire. Può però impegnarsi a svolgere il proprio lavoro in un'ottica diversa, in un'ottica di cura, che tra l'altro favorirà lo sviluppo di un miglior ambiente di apprendimento. Il docente (o qualsiasi altro professionista che si relaziona con gli altri), ha il diritto e il dovere di entrare in una classe sereno e sorridente. 
Certo il sistema non aiuta, anzi esaspera situazioni già di per se delicate. Allora non rimane che iniziare ad imparare a prenderci prima cura di noi stessi, proprio come faremmo con gli altri, con la stessa cura ed empatia, cercando di cogliere i segnali di stop del nostro corpo (invece di ignorarli ed andare avanti),  incrementando la conoscenza di noi stessi, delle nostre potenzialità da sviluppare e dei nostri limiti da monitorare. 
Se collassiamo avremo ben poche possibilità di prenderci cura di qualcun'altro; se non ci amiamo, avremo ben poche possibilità di dare amore, perché come il vino in un'otre squarciato, sarà perso in mille rivoli. 


Concludo con una splendida poesia di Alessandra Piccolo 

Prenditi cura di te 
Non avrai altro al mondo di così caro.
Massaggia le tue gambe stanche, la sera
sorprenditi sorridere tra le vetrine dei negozi nel via vai del giorno e saluta le tue mani, mentre lavorano nel dolore. 
Abbraccia le tue spalle almeno una volta al giorno, 
e tocca i tuoi capelli con l’affetto dell’unico padre.


Ama il tuo collo nascosto 
Adora i tuoi polsi agili.
Rispetta i tuoi piedi. 
Prenditi cura di te. 
Non avrai altro al mondo di così caro.

Nutri la tua mente 
lasciale molta corda per spiccare voli infiniti 

e poi riprendila per le quotidiane faccende sociali. 
Non dimenticare il suo enorme potenziale: onoralo. 
Fai molta esperienza ma fermati un momento prima di diventare superbo.


Sii audace senza metterti in pericolo 

Non avrai altro al mondo di così caro. 
Stai da solo ma conosci gli altri. 
Non pensare di essere il migliore 
ma non crederti mai ultimo, anche quando lo sei. 
Non giudicarti, analizzati. 
Non odiare nessuno, rende frustrati. 
Non disprezzare nessuno, rende ottusi.


Ogni cosa e persona e animale e pianta è un miracolo nell'universo caotico. 
Pensa in grande. 
Domanda perché. 
Prenditi il tempo per piangere 
e poi prenditi il tempo per fartela passare, ma fattela passare bene. 
Non dimenticare. 
E poi, cerca di amare il maggior numero di cose 
almeno quanto ami te stesso.

Rende liberi. 

A questo punto, mi rimane solo da saldare un debito di gratitudine. 

Desidero  infine ringraziare tutti quelli che si sono presi cura di me in questi anni. La lista è veramente lunga. Alcuni di essi hanno sfiorato solo un attimo la mia vita, ma con un loro semplice gesto l'hanno cambiata.
Ringrazio la mia famiglia, che nel bene e nel male ha sempre cercato di dare il meglio, ognuno con i propri limiti e i propri difetti.
Ringrazio tutti i fratelli e sorelle maggiori, che con cura e premura mi hanno indirizzato nei meandri della vita condividendo con me le loro esperienze.
Ringrazio la mia madrina, che si è presa cura di me nella fedeltà giornaliera nonostante la sfida del tempo e dello spazio.
Ringrazio i miei alunni speciali, che nella loro purezza mi hanno rincorso nei corridoi di scuola portandomi astucci, cellulari che dimenticavo in giro, chiuso la zip della mia borsa che lasciavo aperta,  ammonendomi mentre scendevo distrattamente  le scale con un " attenta che cadi" e prendendomi per mano e inchinandosi ai miei piedi se vedevano una mia scarpa slacciata. 
Ringrazio tutti i miei colleghi, di sostegno e curriculari, educatori ed assistenti specialistici che conoscendo le mie debolezze hanno sempre cercato di ridimensionare le mie paure. In certi mestieri solo uniti si vince.
Ringrazio chi, pur non conoscendomi ancora, nel supplire il mio posto a scuola quando stavo male, mi ha chiamato tutti i giorni per sapere sinceramente come stavo. Se la cura di chi ti ama è oro, quella disinteressata di chi non ti conosce non ha prezzo e poi la vita fa veramente ricami inaspettati. 
Ringrazio tutti gli specialisti che si prendono cura dei professionisti. 
In modo speciale, ringrazio il Dott. Vittorio Lodolo D' Oria che da anni si prende cura dei docenti (uno dei pochi se non l'unico) e Terenzio Traisci che con la sua comunicazione ironica ed efficace riesce a cogliere il segno. Di solito non consiglio libri che non ho letto, ma sul suo ci metto la mano sul fuoco. Già dal titolo. Sarà il primo del 2020 




Infine, "at last but not least" , ringrazio chi si è preso cura di me fin dall'eternità e insieme al salmista mi sento di implorare continuamente la sua cura paterna. 
"Custodiscimi come pupilla degli occhi, proteggimi all'ombra delle tue ali"  Salmo 17 
Hayat Francesca Palumbo 

martedì 19 marzo 2019

O come onda...tra arte e tempeste









“C'è un vantaggio reciproco, perché gli uomini, mentre insegnano, imparano.” 
Seneca 

Iniziando a leggere "The Tempest" di Shakespeare ad una mia alunna, mi sono ritrovata a meditare sul ruolo delle onde nell'arte. Immagino così Prospero, il protagonista de "La Tempesta", che dall'isola in cui era esiliato scatena una tempesta dalle onde altissime contro la nave dei suoi usurpatori, come se le onde avessero il potere di mondare ingiustizie e  angherie subite. E come non riuscire a meravigliarci del potere distruttivo delle onde come nel film "La tempesta perfetta", in cui le onde mozzafiato inghiottono tutto e in cui non c'è nessuno scampo alla furia della natura? Onde dal ventre insaziabile che fagocitano inesorabilmente tutto ciò che incontrano con una voracità distruttiva che non lascia tregua, senza minimamente badare ai miseri sforzi umani.



Tornando ad una visione un po' più artistica e meno "distruttrice", affascinano le onde rappresentate da vari artisti: lineamenti sinuosi e spumeggianti  che si ergono verso il cielo costituendo morbide sagome perfette e si evolvono in spirali. Ci basti pensare ad Hiroshige ed Hokusai.
Su questa tela di Hiroshige le onde sembrano  danzare ed avvolgersi in spirali di acqua in un balletto di forme liquidi e celesti. E che dire della celeberrima onda di Hokusai che ci rispecchia un principio di spirale aurea?
In tutta la sua magnificenza si erge maestosa dominando lo spazio.
Non solo nel mare ma anche nel cielo. Onde che si avviluppano in nubi, stelle e vento, come quella di Van Gogh in cui il cielo stellato si fonde in vortici luminosi che sembrano rischiarare una notte dinamica che avanza come onde sulle spiaggia.
O le onde di nebbia nel celebre dipinto di Friedrich. E noi, viandanti nelle nostre tempeste, non possiamo fare altro che contemplare in una silenziosa rassegnazione i flutti del fato.

Tutti noi siamo quell'errante. Nella nostra vita inevitabilmente siamo presi da onde e maremoti. Onde che vanno e vengono.
Onde emozionali ed affettive. Le onde dell'anima che se da una parte ci portano a buio e sofferenza dall'altra fanno emergere in noi potenzialità insperate, riportandoci per un attimo alle vere priorità di vita.
Le onde rappresentano così i maremoti della nostra anima. Una sorta di proiezione naturale dei contorcimenti del nostro spirito e delle torsioni del nostro cuore. E improvvisamente tutto ciò si fonde nell'immensità del mare o si infrange sulla roccia in un attimo di quiete. Prima che il vento porti una nuova onda in un nuovo ciclo che se da una parte ci distrugge, dall'altra incrementa la nostra volontà di vivere.

Non solo quelle del mare: le onde in senso lato e " fisico" rappresentano una costante presente nelle nostra vita. Onde luminose ed elettromagnetiche riempiono costantemente le nostre giornate: dalla cucina agli ospedali, strumenti per noi comuni sfruttano onde per funzionare e per farci comunicare a distanza. Fenomeni naturali sia a livello microscopico che macroscopico si basano sulla propagazione di onde.
Le onde vibrano, suonano e risuonano, riscaldano, illuminano, analizzano. In un singolare paradosso, le onde danno la vita e la tolgono, curano ed ammalano.  Dai biofotoni risanatori di cellule ai terremoti che frantumano in un attimo. Devastano e radono al suolo intere città.
Possiamo solo riconoscerlo: siamo in balia di onde più grandi di noi.
Siamo piccoli piccoli davanti alla vita. Non possiamo far altro che non contrastare l'onda che ci sta piombando addosso ma cercare di diventare uno con essa, in un' ottica di totale ed incondizionata resilienza. D'altronde in caso di ciclone per salvarsi bisogna tuffarsi nel suo occhio in cui la velocità del vento è nulla. Così per le onde. Non si può far altro che lasciarsi andare nel flutti e li ricordarci la nostra vera essenza. Perché solo in balìa della tempesta possiamo capire ciò che siamo e ciò che amiamo



Hayat Francesca Palumbo

domenica 17 febbraio 2019




Probabilmente sono la persona meno indicata per scrivere una recensione di questo libro in quanto "inequivocabilmente" legata all'autore in uno strano rapporto che da 12 anni a questa parte, è partito da una forte intolleranza per arrivare al vincolo matrimoniale. 
Ricordo ancora con quando conobbi Dario Colusso. Un giovane adulto che si apprestava sulla via della maturità avendo passato i 30 anni. Si vedeva lontano un miglio che era un ingegnere. Non si trattava infatti del suo lavoro ma proprio della sua essenza: metodico, meticoloso, sguardo indagatore e penetrante, con la singolare capacità di carpire e usare a suo vantaggio ogni minimo segnale sfuggito inavvertitamente da uno sguardo o una parola.
Lo stesso sguardo è rimasto immutato dopo tanti anni, davanti alla scacchiera. Non particolarmente  "fluido" e "scafato" con le ragazze. Ricordo ancora quando mi avvicinò timidamente. Come un pavone, mi regalò un cumulo di fogli rilegati alla meno peggio spacciandoli per "libro scritto in gioventù".
Pensai ad un patetico, inopportuno, maldestro e soprattutto inutile tentativo di approccio in quanto allora, quel ragazzone con l'aria impacciata e perennemente sorridente in ogni circostanza, suscitava in me violenti sentimenti di irritazione. Solo per educazione presi "Il Cavallo Nero" che posi a decantare in un anonimo cassetto. Nei mesi successivi, conobbi un po' meglio Dario Colusso. Ebbi modo di apprezzare la sua strategia, la sua estrema perseveranza, la sua illimitata tenacia nel perseguire gli obiettivi. Dario Colusso riesce a vincere anche quando perde. Eventuali sconfitte, digerite molto faticosamente (basti osservare la mimica del volto), diventano in seguito per lui occasione di studio, in quanto ripercorre a mente fredda tutte le mosse meticolosamente annotate sul suo taccuino. Solo dopo aver capito i propri errori riesce a trovare sollievo e trarne vantaggio per la partita successiva. 
L'ingegner Colusso è capace di tenere per ore la concentrazione alta sugli scacchi, la stessa concentrazione che per anni conserva nei suoi obiettivi della vita. In questo modo ha vinto la sua più importante partita: quella con me. 

Uno scacco alla Regina che ha capitolato pubblicamente il 10 Maggio 2009, dopo esser stata vinta da quello che considerava un qualsiasi pedone. Ho così imparato che anche un pedone può fare scacco matto. 


"Il Cavallo Nero" è rimasto poi per anni in un cassetto. Presi dai primi anni di matrimonio e duramente provati per varie vicissitudini abbiamo ceduto al più grande peccato che possa commettere un essere umano: abbandonare le proprie passioni.
Un po' per mancanza di tempo, un po' perché presi dal turbinio della nuova vita, ci siamo dimenticati che le nostre passioni sono linfa vitale. Le nostre passioni sono il salvagente che permette di galleggiare nel mare della mediocrità e dell'uniformità. Le nostre passioni mantengono vivo il nostro intelletto. E il riprenderle ci rida' vita, come testimonia lo sguardo luminoso di Dario nel riprendere a giocare a scacchi. E così con la complicità di Paolo Gensabella come supporto tecnico,  grazie al professore Paolo Pavin conosciuto sui banchi di scuola e poi ritrovato dopo tanti anni, ed infine con il contributo del fratello Andrea Colusso che ha realizzato l'illustrazione di copertina è stato possibile far rivivere questa favola dissotterrandola dal cassetto. Uno scritto scorrevole, ambientato in un mondo fantastico, sospeso nel tempo che mi ricorda vagamente il Signore degli Anelli e le Cronache di Narnia, fluido nella narrazione ma nel contempo preciso nella spiegazione delle regole scacchistiche. Una metafora calzante dai messaggi morali importanti, come la ricerca di nuove strade per raggiungere la pace.
Gli scacchi non rappresentano così solo un semplice gioco di strategia ma una vero e proprio canale comunicativo, un linguaggio che permette di affrontare le questioni più spinose liberandole dalla coltre dell'impulsività. 

Un linguaggio universale, inclusivo che permette di comunicare tra persone diverse. Ho visto Dario Colusso giocare con persone anziane, con bambini, con scacchisti professionisti e della prima ora, bianchi, neri e gialli con la stessa immutata dedizione e passione. Più di una volta ho visto Dario conquistare il cuore di emarginati e persone che vivono situazioni problematiche semplicemente offrendosi di far una "partitina" e insegnar loro le regole degli scacchi. Ho visto bimbi sorridenti che magicamente rimangono incollati alla sedia per ore nell'ascoltare questo insegnante occhialuto che incute un misto di sacro timore reverenziale e consapevolezza di essere accolti, accettati ed ascoltati. 




Ho imparato negli anni ad apprezzare il gioco degli scacchi come esercizio che permette alla mente di concentrarsi sull'attimo presente, un'attività che obbliga la mente a non accogliere pensieri inutili per focalizzarsi sul gioco per integrare ed elaborare dati diversi, aiutando a depolarizzare la testa da problemi e pensieri fissi. Insomma, una partita a scacchi può anche aiutare per superare lo stress. 


L'ambiente degli scacchisti ha un fascino tutto particolare. Gli scacchisti parlano la stessa lingua, si riconoscono da una parola, da un comportamento. Ricordo ancora quando chiesi a mio marito di accompagnarmi all'esame di Persiano. Lui e il mio docente iniziarono casualmente a parlare e a scoprirsi amanti degli scacchi e iniziarono a disquisire sulle origini storiche dello "Shatranj", il nonno Persiano degli scacchi. 



Conoscendo e frequentando sempre più assiduamente il mondo degli scacchisti mi sono resa conto che alla fine di ogni partita,  un  legame speciale unisce gli avversari che si affrontano.
Uno sguardo misto di sfida, rispetto, ammirazione e voglia di imparare e carpire i segreti dell'avversario. 

Lo stesso sguardo che trapela nella splendida foto di Dario Colusso con il suo primo grande "maestro" di scacchi: suo papà Germano.

Hayat Francesca Palumbo 

Il libro può essere ordinato in tutte le librerie e si trova anche 


venerdì 17 agosto 2018

Donne guerriere e non solo.






Che la vita sia da sempre un combattimento ce ne siamo ormai accorti.
Dagli albori della comparsa del genere umano, l'Uomo ha sempre combattuto non solo per soddisfare i suoi bisogni ed istinti primari ma anche per affrontare il confronto con l'altro. La relazionalità e le molteplici dinamiche sociali che viviamo ogni giorno (al lavoro, in famiglia, nei rapporti interpersonali) ci spingono inevitabilmente ad una certa conflittualità e alla battaglia.
Riuscire a mantenere dritto il timone del nostro equilibrio interiore è un'impresa sempre più ardua: problemi lavorativi, sentimentali, malattie improvvise talvolta molto gravi, richieste sempre maggiori possono rompere quel filo sottile che tiene unite le componenti del nostro essere. E se perdiamo questa unità, perdiamo noi stessi. Siamo dunque chiamati alla battaglia quotidiana per riconquistare ogni giorno la nostra compattezza.
Nel corso degli anni, mi sono imbattuta in molti libri che trattano questo tema. Ricordo che, durante i miei anni universitari quando esplose il fenomeno Coelho, mi regalarono il celeberrimo "Manuale del guerriero della luce". Libricino agevole, adatto per un primo approccio superficiale, e proponibile ai più giovani. Ad uno sguardo più approfondito infatti si scorgono frasi rielaborate in una chiave dal retrogusto stucchevole New Age riconducibili alla Bibbia, che non bastano più se si vuole qualcosa di intellettualmente più sostanzioso. Tuttavia sono un buon inizio per chi abbia l'intenzione di cambiare mentalità ed impegnarsi nel combattimento della vita. Eccone due assaggi significativi:



“Il guerriero della luce crede. Poiché crede nei miracoli, i miracoli cominciano ad accadere. Poiché ha la certezza che il suo pensiero può modificare la vita, la sua vita comincia a mutare. Poiché è sicuro che incontrerà l’amore, l’amore compare.”

“Il suo equipaggiamento è composto di tre cose: fede, speranza e amore. Se queste tre cose sono presenti, egli non ha alcuna esitazione nell’ andare avanti.”







Un altro libro,  essenziale per l'argomento,  è quello di Sun-Tzu, "L'arte della guerra". 
Il combattimento non può essere affrontato nell'impeto di un momento, esso va sistematizzato, elaborato, studiato nei minimi dettagli per non disperdere le forze.
Lo sapeva bene Sun-tzu, ben sei secoli avanti Cristo, che ha sistematizzato le regole per il combattimento nel suo capolavoro studiato dai Grandi come Napoleone e Mao Zetong. 
Dalla lettura di questo testo, ci rendiamo conto che queste strategie di guerra sono veri e propri  paradigmi di vita quotidiana che ci permettono di affrontare gli ineluttabili combattimenti della vita.

Infatti “il conflitto è componente integrante della vita umana, si trova dentro di noi e intorno a noi.” (Sun Tzu)

Libro talmente attuale che è stato declinato dai posteri in più versioni, per esempio la versione per i manager di successo.
La versione che mi riprometto di leggere al più presto, è quella di uno studente anonimo che riguarda il mondo della scuola.
"L' autore è uno studente che, dopo aver pasticciato malamente con la scuola per diversi anni, si è imbattuto nel trattato strategico L'arte della guerra di Sun Tzu, ne è rimasto folgorato e ha provato con successo ad applicarne i principi nella vita scolastica. Il sottotitolo di copertina infatti recita La scuola è una guerra, se vuoi sopravvivere impara l'arte"  (1) 



Dopo questo preambolo generale, andiamo al cuore del titolo. Nella guerra, un posto speciale è quello delle donne. Di donne guerriere ce ne sono veramente tante ed hanno accompagnato le grandi battaglie della Storia. (2)
Donne che difendono il loro popolo e che non sono meno dei guerrieri maschi in quanto coraggio, intraprendenza e violenza sanguinaria. Le mie preferite in tal senso sono due donne bibliche che hanno ispirato numerosi artisti: Giuditta e Giaele.
Due donne eccezionali, che hanno portato avanti la battaglia del loro popolo attirando il nemico nel terreno a loro più congeniale, quello della femminilità, per poi scoccare il colpo di grazia. Una strategia fine ed intelligente, che conosce bene i punti deboli del nemico e i propri. E questa consapevolezza porta all'elaborazione di una strategia estremamente congeniale: la forza è l'ultimo fattore che scende in campo, dopo una battaglia condotta con quella furbizia e sapienza di cui solo le donne sono capaci. Donne guerriere e Madri del loro popolo. Donne che arrivano dove gli uomini non riescono: nell'intimità, nella debolezza maschile.

La prima storia è nota a tutti noi, anche grazie ai capolavori di Artemisia Gentileschi e Caravaggio, arrivando perfino a Klimt. 
Giuditta, la cui vicenda è narrata nel libro Biblico che porta il suo nome, è una semplice vedova di Israele che riesce ad ammaliare Oloferne, condottiero dell'esercito Assiro che perde letteralmente la testa per questa donna...in ogni senso, in quanto viene da lei decapitato. 
La seconda storia forse meno nota, ma di uguale intensità, è quella di Sisara e Giaele, descritta nel quarto capitolo del libro dei Giudici. La profetessa Debora sostenne Barak nella battaglia contro Sisara, predicendo la vittoria. 
Sisara sconfitto e con la sua armata passata a fil di spada, nella fuga trovò rifugio nella tenda di Giaele che facendogli credere di nasconderlo lo fece riposare, poi "prese un picchetto della tenda, prese in mano il martello, venne pian piano a lui e gli conficcò il picchetto nella tempia, fino a farlo penetrare in terra. Egli era profondamente addormentato e sfinito; così morì." (Gd 4-21) . 

Nel corso dei secoli, tante donne hanno difeso il loro popolo, come per esempio Artemisia, la sovrana di Alicarnasso che prese parte alla battagli di Salamina. Ricordiamo anche Tomiride (conosciuta anche come Tamiri o Tomiri) citata da Dante nel purgatorio, che per vendicare la morte del figlio Spargapise e il suo esercito, non solo uccise Ciro il Grande, ma ne recise la testa (come Giuditta) immergendola in un otre di sangue e usandola poi come coppa di vino.
Per non parlare poi di altre figure femminili di forte impatto storico, come la pulzella di Orleans, Santa Giovanna d'Arco, nella statua qui sotto a Parigi.
Denominatore comune delle donne guerriere è uno spiccato senso di fedeltà e di appartenenza. Le donne sembrano avere una potentissima capacità, intrinseca alla loro natura, di tessere legami viscerali e indelebili con le realtà a loro prossime e care, come la famiglia e il popolo. 
Provate solo a parlare male davanti a una donna del proprio marito o del proprio figlio: sarete come minimo fulminati da uno sguardo di disapprovazione o colpiti da fendenti mortali dalla spada della loro lingua. 
Solo le mogli e le madri hanno questo diritto. 
Il senso di fedeltà e di appartenenza di una donna è qualche cosa di inimmaginabile. 
Come la fedeltà delle donne della casta Samurai. Non solo impegnate nella gestione della casa e nell'educazione dei figli ai valori dell'etica guerriera dei padri, ma anche, in caso di necessità, chiamate a difendere attivamente i possedimenti familiari o scendere in battaglia. Tra esse, ricordiamo Tomoe Gozen e Hangaku Gozen, vissute nel 12-esimo secolo, che parteciparono alla guerra Genpei. Ricordiamo anche la più recente Nanako Takeko, (nella foto) del 19-esimo secolo, che partecipò alla guerra Boshin. Abile esperta della pratica con la lancia curva, come sua madre e sua sorella, "si pose alla testa del Joushiai, la truppa delle donne, un corpo di venti donne, decise a resistere fino alla morte" . 
Colpita a morte da un proiettile, chiese alla sorella di essere decapitata per non cadere nelle mani dei nemici e evitare così eventuali atti di vilipendio sul suo cadavere. Il sacrificio di Nakano viene commemorato ogni anno al festival autunnale di Aizu.

Nel "Bushido per donne guerriere" agile libro a cura di Marina Panatero e Tea Pecunia, viene proposta una nuova lettura del Bushido del Samurai, nell'ottica delle battaglie quotidiane, sopratutto in termini emotivi e affettivi, delle donne del nostro tempo. Il termine Bushido indica la "Via del guerriero", un codice comportamentale basato su pilastri definiti dagli insegnamenti dei vari maestri nel corso dei secoli. Il modello a cui si rifà questo libro sono gli orali insegnamenti del contemporaneo Taisen Deshimaru (1914-1982), monaco buddista fondatore dell'associazione zen internazionale.
Il libro è strutturato così in sette capitoli, che riprendono i pilastri del bushido calati nelle situazioni quotidiane a cui una donna può andare incontro. 

Abbiamo così spunti di riflessione variegati, che si ricollegano con le multi-sfaccettate situazioni quotidiane ed impreziositi da numerose citazioni e tracce per la meditazione.
Facciamo quindi una breve carrellata dei punti principali di questa strategia della battaglia della vita.

義, Gi
Il Gi rappresenta la Via del samurai. Viene ricordata l'importanza di riuscire a vedere le situazioni nella loro globalità ed affrontarle scevri da ogni emotività, ben fissati nell'attimo presente. 
"Nella vita esiste solo lo scopo particolare dell'attimo presente. Tutta la vita è costituita da attimi che si susseguono. Una volta compreso questo principio, il samurai non deve mostrarsi impaziente o prefiggersi altri scopi. L'esistenza fluisce semplicemente" Yamamoto Tsunetomo 

勇, Yu.
Lo Yu rappresenta l'abilità, il coraggio e la forza. La distinzione tra coraggio e pavidità a volte non è così scontata. A volte è più coraggioso abbandonare la battaglia e ricominciare ogni giorno. Intrinsecamente legati al coraggio, i valori di fedeltà, disciplina, volontà e tenacia. 
 "Far affiorare la tua grande forza interiore dipende dalla fermezza della tua volontà. Se la tua aspirazione è poco profonda, altrettanto lo sarà il tuo impegno" Yamaga Soko 






仁, Jin.
Lo Jin rappresenta l'amore universale, la benevolenza, la compassione. ll vero samurai deve coltivare queste doti per essere come scriveva Yamaga Soko , "autentici esseri umani". Amore e compassione non fini a loro stessi, non per un sentimento di sterile buonismo, ma come strumento non solo per il bene comune ma anche per la propria crescita personale.
 "Mentre affini la tua compassione affini la gentilezza. Mentre ti batti per la rettitudine, rendi limpida la tua intelligenza. Questo significa che la compassione e la rettitudine sono le fonti della gentilezza e dell'intelligenza, proprio come l'acqua e il fuoco sono le basi dei cinque elementi" 
Yamaga Soko 

礼, Rei
 Il Rei rappresenta il retto comportamento e anche la cortesia nei modi. Tenere un comportamento sobrio, educato, gentile nei modi e nel parlare è fondamentale per un samurai in quanto porta all'igiene mentale necessaria per poter affrontare la battaglia. 
" Un samurai deve essere sempre educato, in tutte le circostanze" Hojo Nagauji 


誠, Makoto. e 名誉, Meiyo
 Il Makoto indica la completa sincerità e il Meiyo l'onore. Sincerità intesa anche come coerenza estrema tra parola data ed azione affinché siano tra loro fuse. Corollario di questa impostazione è l'agire con dignità, sincerità e onestà. 
 "Quando manca la sincerità nelle relazioni tra uomini e donne, resta poco che possa toccare profondamente il cuore"  Shiba Yoshimasa 


忠義, Chugi
Il Chugi rappresenta la devozione e la fedeltà. Riuscire a svincolarsi da uno stereotipo falsato di devozione e fedeltà che spesso schiaccia le donne in un esagerato senso di sacrificio è la prima tappa per evitare esaurimenti e sconfitte. Il primo dovere di cura e fedeltà lo abbiamo verso noi stesse. Solo coltivando le nostre passioni profonde riusciremo a trarre linfa vitale per le nostre battaglie. Fare le cose svogliatamente o per un senso distorto di devozione rischia di portarci alla frustrazione e alla depressione. 
"Quando si fanno le cose svogliatamente, sette volte su dieci riusciranno male" Yamamoto Tsunetomo. 

Concludendo, il "Bushido per donne guerriere " è un testo agile, scorrevole. In un periodo in cui si parla molto di "Mindfulness", ci rendiamo conto di come molte cose che vanno attualmente di moda abbiano in realtà un'origine antica. 
E' inoltre possibile fare un'ulteriore e approfondita riflessione. La lettura è invogliata anche dal sapore estremo orientale che attira non poco, visto anche il background allettante che evoca alla mente immagini di donne con occhi a mandorla che brandiscono spade e combattono.Viene quasi spontaneo immedesimarsi nella fantasia ed iniziare la rivoluzione.
Al termine della mia lettura, ho minacciato mio marito tra il serio e il faceto, che avrei cambiato look, ritirato fuori il mio Kimono di quando praticavo l'Aikido, per diventare come la guerriera della copertina.
Essenzialmente due elementi hanno distolto i miei piani.
Il primo è che nella nostra cultura cristiana ci sono tutti gli elementi del Bushido. Basta solo conoscere più a fondo le nostre origini. Dal Vecchio al Nuovo Testamento, ad una lettura più penetrante (vedi i libri Sapienziali) troviamo tutte le chiavi che indicano i fondamenti del Bushido, in un diverso linguaggio ma con la stessa essenza.  Per non parlare dei testi dei primi Padri del deserto, sull'importanza dell' auto-dominio, della volontà e della tenacia, sopratutto verso se stessi. Come non pensare a grandi Santi come Sant'Ignazio di Loyola per quanto riguarda la battaglia spirituale e San Francesco di Sales per quanto riguarda la cortesia e gentilezza che si riallaccia al Rei?
Insomma, la lettura di un testo del genere istiga al trovare correlazioni ed analogie continue, cosa che reputo molto formativa in quanto se da una parte amplia gli orizzonti verso l'approccio a nuove culture e a nuove Storie, dall'altra parte ci ricorda che anche le nostre radici sono altrettanto valide e profonde. 
L'altro motivo per il quale ho dovuto abbandonare l'illusione di una probabile mise Nipponica è quella che dopo un quindicina di anni, il mio Kimono deve essersi ristretto con l'ultimo lavaggio e non mi entra più neanche se smettessi di respirare e mangiare per i prossimi 3 mesi. 
Hayat Francesca Palumbo 

Approfondimenti e curiosità

(1) http://ildiariodimurasaki.blogspot.com/2014/09/a-scuola-con-sun-tzu-arte-della-guerra.html
(2)https://www.focus.it/cultura/storia/le-donne-guerriere-piu-famose-della-storia?gimg=89968#img89968

martedì 26 giugno 2018

Chimica e poesia




Nella vita ci possiamo imbattere in accostamenti a prima vista inusuali e atipici ma poi, inaspettatamente,  si rivelano unioni sinergiche di due o più realtà non solo complementari, ma in grado di innescare circoli virtuosi alimentandosi vicendevolmente di bellezza ed armonia.
"Chimica e poesia" del premio Nobel Roald Hoffmann è un vero e proprio piccolo gioiello in tal senso.
Basato sul testo della conferenza del chimico il 6 Giugno 2013  "Chimica e poesia. Identici modi per creare un legame", questo breve testo è un condensato di riflessioni acute.
Partendo dal fatto che i più grandi poeti hanno preso spunto dall'osservazione di fenomeni scientifici (come per esempio Salvatore Quasimodo in Mobile d'astri e di quiete), Hoffmann ci conduce in un viaggio tra cenni di storia delle scienze e linguistica, sottolineando l'evoluzione del linguaggio scientifico, diventato smodatamente troppo rigido.
L'autore, particolarmente sensibile alla comunicazione, offre consigli in tal senso per poter affrontare un'efficace divulgazione scientifica.
Si apre così una finestra attraverso la quale dimensione emotiva e fisico-chimica riescono a comunicare l'una con  l'altra.
In un percorso che possiamo definire in gergo tecnico "interdisciplinare"  non mancano gli esempi di poesie inspirate ai fenomeni fisici come " Reflective"  di A.R. Ammons,  che ha usato quel canale comunicativo comune intravisto, con esiti e risvolti sorprendenti riguardo alla potenzialità introspettiva che può scaturire dalla contemplazione di un fenomeno fisico. 

Ho trovato 
dell' erbaccia
con dentro
uno specchio 
e questo 
specchio 
fissava dritto 
uno specchio 
dentro di me 
con dell'erbaccia 
dentro. 

Lettere e Scienza moderne non sono dunque inconciliabili. Si tratta solo di una "questione di legami", legami tra "parola e linguaggio" nella poesia e tra legami che si trasformano e dissolvono nella chimica.
Se ben ci pensiamo, il binomio chimica-poesia non è poi così recente. Già nel tredicesimo secolo, Rumi scriveva forse i suoi versi più belli nel Poema degli atomi 

ph M.C.Ginevra 
O giorno sorgi!
Gli atomi danzano

le anime
ebbre d'estasi
danzano

sussurrerò al tuo orecchio
dove trascina la danza

Gli atomi dell'aria
e del deserto
tutti
- sappilo -
ne sono inebriati 

Ogni atomo
felice o miserabile
è follemente innamorato
di quel Sole
di cui nulla si può dire.

Poesia, scienza e danza si compenetrano su questo testo che trasuda energia vitale. La poesia di Rumi infatti non poteva non ispirare e "contaminare " la danza, in un interessante lavoro della coreografa
Elisa Mucchi a Ferrara (1)

Infine, come non ricordare il celeberrimo capolavoro in versi di Alberto Cavaliere  "Chimica in versi"? Uno splendido testo tessuto di scientifica ironia e sagacia intellettuale. La "Chimica in versi" nasce da una sconfitta. Alberto Cavaliere infatti non riuscì a superare l'esame di Chimica  all'Università. Invece di scoraggiarsi rese in versi l'intero corso di Chimica Generale.


Ripresentandosi all'esame cominciò (in questo caso non è solo un modo di dire) a "rispondere per le rime", superando la prova tra sbigottimento e curiosità dei docenti e si laureò proprio in Chimica. Insomma, si inventò un suo canale comunicativo, oserei dire ludico, per superare le proprie difficoltà di apprendimento. Un precursore di tutte le teorie dei nostri giorni sull'apprendimento emotivo.
Divertendoci, si impara meglio, anche una materia notoriamente ostica come la Chimica.


Da giovane studente, alunno d'istituto,
non andai mai d'accordo col piombo o col bismuto;
anche il vitale ossigeno mi soffocava; il sodio,
per un destino amaro, sempre rimò con odio;
m'asfissiò forte a scuola, prima che, in guerra, il cloro;
forse perfino, in chimica, m'infastidiva l'oro.
E di tutta la serie sì numerosa e varia
di corpi e d'elementi, sol mi garbava l'aria,
quella dei campi, libera, nel bel mese di luglio:
finché non m'insegnarono che anch'essa era un miscuglio!
Un vecchio professore barbuto, sul cui viso
crostaceo non passava mai l'ombra d'un sorriso,
un redivivo Faust, voleva ad ogni costo
saper da me la formula d'un celebre composto.
Non sapevo altre formule che questa: H2O;
e questa dissi: il bruto, senz'altro, mi bocciò.
Poi ch'era ancor più arida nella calura estiva,
io m'ingegnai di rendere la chimica più viva;
onde, tradotta in versi, l'imparai tutta a mente,
e in versi, nell'ottobre, risposi a quel sapiente.
Accadde un gran miracolo: quell'anima maniaca,
che non vedeva nulla più in là dell'ammoniaca, 
dell'acido solforico, del piombo e del cianuro,
rise, una volta tanto, e m'approvò: lo giuro!
Mi lusingò quel fatto: volevo far l'artista,
e invece, senz'accorgermi, divenni un alchimista...
Oggi distillo e taccio in un laboratorio,
dove la vita ha tutto l'aspetto d'un mortorio.
E vedo, in fondo, dato che non conosco l'oro,
dato che ancor mi soffoca, sempre accanito, il cloro,
che non avevo torto, e il mio pensier non varia:
la miglior cosa, amici, è l'aria, l'aria, l'aria!... 




Buona lettura a tutti ...
Hayat Francesca Palumbo

I libri citati sono reperibili online su IBS

https://www.ibs.it/chimica-poesia-libro-roald-hoffmann/e/9788832820096




ttps://www.ibs.it/h2o-chimica-in-versi-libro-alberto-cavaliere/e/9788864560151?inventoryId=52498594










(1)
http://www.informadanza.com/blog/2017/02/23/poema-degli-atomi-la-danza-di-elisa-mucchi-a-ferrara-off/

martedì 20 marzo 2018

Verso un nuovo giorno. Happy Nowruz







Ci sono momenti speciali in cui in Creato ciclicamente entra in una nuova fase. Oggi è uno di questi. Oggi si festeggia il نوروز  Nowruz (nuovo giorno), il capodanno Persiano.
Il Nowruz è una festa antichissima di origine Zoroastriana in cui il momento fatidico è quello dell'entrata nell'equinozio, in cui il sole si trova allo zenith dell' Equatore.
Una tradizione antichissima che si basa sulla ricerca del momento topico, determinato fin dall'antichità da sapienti matematici e astronomi Zoroastriani.
L'inizio dell'anno Persiano infatti varia nel suo orario di anno in anno ed oggi si festeggia alle ore 17, 15.
Preparativi dettagliati introducono questo variopinto capodanno con una festa che dura parecchi giorni in cui sono previsti ben quattro giorni di ferie.
E' il giorno della rinascita, del passaggio attraverso un varco verso la novità, l'inizio di un "nuovo giorno". Il risveglio del creato sotto tutti i punti di vista. E questo risveglio " astronomico" non può fare altro che ripercuotersi su ogni persona, perché volenti o nolenti, siamo immersi in un sistema più grande di noi e ne risentiamo, sia nel bene sia nel male.
La prima volta che mi sono imbattuta in questa ricorrenza, non ne capì bene la portata. Ero all'Università, qualche anno fa. Durante una lezione di Arabo, il professore interruppe tutto per offrirci dolcetti e festeggiare. Un bel momento che gli studenti hanno apprezzato credo sopratutto per lo stacco dalla lezione che come vi lascio immaginare, per via di cose era assai impegnativa da seguire.
Recentemente, conversando con la mia professoressa di Persiano, ho preso maggior consapevolezza dell'importanza non solo di questa ricorrenza ma sopratutto di questi giorni che ci introducono alla primavera.
La festa del Nowruz è estremamente sentita nel mondo Iraniano e non solo. Sono moltissimi i paesi in cui si festeggia, ed ha resistito alle varie intemperie della storia. Ricordiamoci che è una festa pre- Islamica e nonostante ciò è sopravvissuta alla rivoluzione. Pare che Khomeini volesse abolirla, ma poi ritornò sui suoi passi in quanto le donne delle sua casa gli tolsero per settimane la parola. Quando si dice potenza persuasiva delle donne, che logora qualsiasi cosa.
La primavera evoca non solo nel mondo Persiano, rinnovamento, rifioritura, novità, nuova vita. Tutto si risveglia, la natura, i sentimenti , il cuore.
E' come un circolo virtuoso tra noi e il mondo che ci circonda. Un flusso di nuova linfa vitale. E questo processo è prima di tutto un processo che si basa sull'interazione tra l'Uomo e il Pianeta. Ovviamente ciò, fin dall'origine dei tempi, ha avuto un'inevitabile ripercussione sulle spiritualità umane.
La simbologia del Nowruz è ricchissima (1). I riti salienti sono  le pulizie della casa e l'acquisto di abiti nuovi, i sette alimenti il cui nome inizia con la S e ognuno dei quali ha un suo significato specifico, i fuochi per bruciare le negatività e l'immancabile cesto di uova, simbolo di vita e di fertilità.



Non possiamo fare a meno di accostare a questa festa la nostra Pasqua che festeggeremo tra qualche giorno. La resurrezione di Cristo non è forse il più grande avvenimento di "rinascita"? Gesù non ha forse detto che avrebbe fatto nuova ogni cosa? E chissà, magari ha scelto proprio la primavera per farlo in piena armonia con il Creato.
In questi giorni viene esaltata la creazione in tutta la sua potenzialità di vita, e ciò ci fa viaggiare seguendo un filo tra le terre di oriente.
Infatti, domani oltre a festeggiare il primo giorno dell'anno Persiano, si festeggia, in Libano e Siria, la festa della Mamma.





Curiosa coincidenza, ma in fondo a pensarci bene è proprio dalla donna che parte la rinascita del Creato, dalla donna parte quel circolo di rinnovamento delle generazione che da sempre scandisce il nostro tempo umano. La festa della Mamma in Libano ha un sapore diverso da quello di cui siamo abituati. Andando a messa in una Chiesa Maronita, mio marito ed io ci siamo piacevolmente meravigliati nel vedere la Chiesa addobbata a festa da numerose piante colorate. Queste piante sono state donate a tutte le Mamme presenti in Chiesa, dopo averle ringraziate per "tutti i sacrifici che hanno fatto e che fanno tutti i giorni per i loro figli", con una sensibilità, un rispetto e una riverenza a cui il mondo Occidentale non potrà mai arrivare.
In questi giorni godiamoci queste bellissime feste, anche se magari lontane dalla nostra cultura. Ogni tradizione è come un messaggio, e in questi giorni il messaggio che ci viene dato è che andiamo verso un periodo di rinnovamento, di rinascita, di novità. Ed ogni ogni rinascita è intrinsecamente legata alla figura femminile. Perché la terra, come donna, è Madre, da sempre (e vice versa)  e questo è il momento favorevole per goderne in pieno la bellezza.




Hayat Francesca Palumbo 

Per approfondire 
(1) https://www.greenme.it/vivere/costume-e-societa/23301-nowruz-capodanno-persiano








mercoledì 7 marzo 2018

La mia scuola in filastrocca

In occasione della festa delle donne, il primo libro chiave è "La mia scuola in filastrocca ", scritto proprio da quattro donne. 
Un libro leggero, allegro, spumeggiante, del tutto fuori dai canoni tradizionali, che riesce letteralmente a dipingere, tracciando pennellate variopinte, una realtà difficile e scomoda da raccontare, quella della scuola, con una modalità del tutto inusuale e controcorrente.
Fiumi di parole perlopiù a sproposito si spendono continuamente su questo argomento. Nei giornali e nei social non si fa altro che parlare delle problematiche complicate della scuola. 
Lo abbiamo visto anche in queste elezioni. Politici, educatori, pedagogisti, psicologi e psicoterapeuti dispensano continuamente diagnosi e ricette su questo "malato terminale" dello Stato, lasciando paradossalmente inascoltata la voce di chi vive realmente la scuola al suo interno giorno per giorno. 
La mia scuola in filastrocca racconta questa realtà con uno stile allegro e leggero.
Da sempre la filastrocca racchiude in sé un sentimento di tradizione, famiglia, unione, desiderio di stare insieme condividendo gioie e dolori riuscendo a raccontare in modo semplice e leggero ogni realtà, dalle più elementari alle più complesse.
Con questo spirito nasce questo libro che è molto più di una semplice raccolta di filastrocche. Quattro donne, quattro colleghe di una scuola romana, diverse tra loro come le quattro stagioni, trovano parecchi denominatori comuni: la passione per il proprio lavoro, la tenacia di non perdere mai il sorriso nonostante tutto e la volontà di alleggerire il carico di lavoro a volte schiacciante e fagocitante. 
Così tra una battuta e l'altra, tra un caffè, una chiacchiera in aula professori, un corso di aggiornamento fuori sede, nascono le "Superpowerteachers", perché per fare questo lavoro bisogna avere dei superpoteri. In caso contrario, bisogna farseli venire o inventarseli rapidamente per reggere il carico emotivo quotidiano che può capire solo chi insegna.  
Viene così intravista una nuova strada da percorrere, quella di un cambiamento di mentalità sul lavoro, cercando di impostare la vita professionale sul dialogo e lo scambio tra i colleghi e formare in questo modo una vera e propria rete di relazioni umane e professionali. Un insolito ed inusuale "co-co-co": coordinazione, cooperazione e collaborazione. L'obiettivo è quello di svincolare il sistema così da una sorta di mentalità sclerotizzata e "monadica", dell' "ognuno per sé",  impegnandosi così in  un salto di qualità sia umana sia professionale in quel leitmotiv spesso ripetuto "solo uniti si vince". 




Il punto di partenza? Il sorriso. Elemento fondamentale per affrontare ogni cosa.
Con la complicità e l'incoraggiamento di Leonardo Fiaschi, noto imitatore, nasce l'idea di questo libro. 
Leonardo Fiaschi ha strappato molte risate non solo tra il pubblico televisivo ma anche a scuola, collaborando con il progetto scolastico dell' IIS Sarandì "La risata come integrazione" nel 2013, ed è stato fondamentale nella Genesi di quest'opera.  




Il libro è un escursus della vita di docenti e alunni, con filastrocche che ripercorrono momenti chiave della scuola, alternati da brevi tratti che illustrano diverse realtà nascoste o banalizzate dal mainstream del pensiero comune sulla scuola.
Le autrici inevitabilmente rivolgono un particolare occhio di riguardo sul mondo del sostegno scolastico, dimensione in cui a volte c'è ancora molta ignoranza, confusione e pregiudizio.
Cosa dire ancora? Avventuriamoci nei risvolti umani più o meno noti del mondo della scuola partendo dalle persone, le loro vite, i loro sentimenti e le loro emozioni riscoprendo così la portata del lavoro che svolgono ogni giorno, perché quel che si vede dall'esterno è solo la punta di un immenso iceberg di un lavoro che giace sommerso e sconosciuto.
Immergiamoci dunque nella pratica con una piccola anteprima. Il resto, parafrasando il grande Battisti, lo scoprirete solo leggendo.


" A volte siamo costretti a camminare su un filo sospeso da terra, dando prova di equilibrio e non sempre abbiamo la rete di salvataggio! Dunque via le paure e le ansie. Come giocolieri ci giostriamo con rapidi movimenti tra variopinti colleghi curriculari, alunni disabili, alunni normodotati e genitori. In veste di impavidi domatori riusciamo a tenere a bada leoni ruggenti e far correre mastodontici e pesanti elefanti che non si muoverebbero
neanche con le bombe. Nei momenti di abbassamento di morale diventiamo veri e propri
clown cercando di strappare un sorriso con ogni espediente. Noi non mandiamo giù i rospi, quello sono capaci di farlo tutti. Come fachiri in gonnella ingoiamo spade intere e fuoco tornando a sorridere allegramente come se avessimo ingoiato un bonbon. Come al
circo, lo spettacolo deve andare avanti qualsiasi cosa succeda, così nella scuola noi andiamo avanti cercando di dispensare gioia e sorrisi qualsiasi cosa succeda" 


NEL CIRCO DELLA SCUOLA

NOI DI SOSTEGNO SIAM TUTTI TRAPEZISTI
CI FACCIAM IN QUATTRO PER ESSERE ALTRUISTI
COME GIOCOLIERI CI GIOSTRIAMO
TRA COLLEGHI ED ASSISTENTI CI INCASTRIAMO.
EQUILIBRISTI SUL FILO A CAMMINARE
SENZA RETE DI PROTEZIONE A STARE,
CONTORSIONISTI NELLE ACROBAZIE
PER TROVARE LE GIUSTE STRATEGIE.
IN VESTE DI IMPAVIDI DOMATORI
TENIAMO A BADA ANCHE I TORI,
FACCIAM CORRERE PESANTI ELEFANTI
CHE NON LI SMUOVON NEMMENO I SANTI!
SPESSO CLOWN DIVENTIAMO
AI TRISTI UN SORRISO DONIAMO 
DA FACHIRI INGOIAMO SPADE E FUOCO
E TRASFORMIAM LA SOFFERENZA IN GIOCO!




Volete una copia de "La scuola in filastrocca" ? 
Potete ordinare una copia presso 

- la casa editrice Il Calamaio , sezione new ed acquisti http://www.ilcalamaio.it
- libreria Feltrinelli
 https://www.lafeltrinelli.it/libri/delia-rosato/%C2%ABla-mia-scuola-filastrocca%C2%BB-dal/9788897573340
- libreria Universitaria 
https://www.libreriauniversitaria.it/ricerca/query/%C2%ABla+mia+scuola+in+filastrocca%C2%BB+dal+salento+all+adamello%2C+dall+emilia+romagna+al+lazio.+storie+di+prof.+come+tante.../reparto/libri-italiani
- libreria IBS 
https://www.ibs.it/search/?ts=as&query=la%20mia%20scuola%20in%20filastrocca&filterProduct_type=&query_seo=la%20mia%20scuola%20in%20filastrocca&qs=true

Se desiderate potete inoltre contattare le autrici, anche per richieste di copie (zona Roma Montesacro e zone limitrofe), alla mail 
lamiascuolainfilastrocca@yahoo.com