giovedì 30 marzo 2017

R come respiro . Dall'angoscia alla luce








Quando ero una giovane studentella al Liceo Francese, rimasi molto colpita nello studio di Spleen, la celeberrima poesia di Beaudelaire. (1)
Per me un vero e proprio capolavoro. Un viaggio sapiente nei meandri più infossati del lato oscuro dell'uomo.
Quante volte l'uomo si sente così. Un senso di claustrofobia, di angoscia, di impotenza completa. Ed ogni nostra speranza sbatte contro i muri così come un pipistrello.
E i giorni passano. I momenti si caricano di un vortice di emotività che cresce esponenzialmente sfuggendo sempre più ad ogni controllo della ragionevolezza umana e dell'aderenza alla realtà. E questo è il nostro tempo. Tempo dell'angoscia, tempo degli attacchi di panico e di ansia sempre più diffusi trasversalmente in ogni età e ceto sociale.
Spesso mi sono chiesta il motivo di questa vera e propria epidemia di malessere psicologico. Certo i motivi possono essere tanti e spesso sono banali e superficiali. Crisi di valori, crisi sociali, problemi familiari. Tutti leitmotiv che siamo abituati a sentire. Ma forse, oltre che puntare sempre il dito contro le congiunture sfavorevoli occorre forse farsi un esame di coscienza e prenderci le nostre responsabilità. In un tempo in cui tutto è dovuto, tutto è gridato e tutti hanno diritti su tutti, riprendere le fila di noi stessi e prendere consapevolezza del nostro onere, è un atto rivoluzionario, contro corrente. Prendere coscienza che forse le nostre ansie e depressioni potrebbero essere frutto del nostro orgoglio e della nostra volontà di tenere tutto sotto controllo è già un passo verso un miglioramento. Avere l'umiltà di riconoscerci nella famosa "rana bollita" e chiedere aiuto a qualcuno di esterno chiedendogli magari di abbassare la fiamma del fornello, potrebbe essere la chiave per uscire dalla cella di Beaudelaire (1). Infatti proprio di questo si tratta: della nostra volontà. Spesso, purtroppo, per motivi di comodo e per strani meccanismi mentali, siamo portati ad avere volontà distruttive verso noi stessi e verso gli altri piuttosto che scegliere atteggiamenti costruttivi, positivi. E allora ci rendiamo conto che la scelta è continua, la scelta è qui ed adesso. Ci rendiamo conto che se vogliamo essere veramente felici, siamo chiamati a scegliere il bene costantemente, ogni attimo. Forse l'importanza della nostra scelta è maggiore di quanto possiamo pensare, persino maggiore degli eventi esterni a noi.
Dobbiamo tessere istante dopo istante la nostra serenità in un arazzo che ci impegnerà per tutto il resto della vita. Così riusciremo a partorire il nostro vero essere, ma dobbiamo trovare la forza di emettere un respiro, un nostro "si", una nostra scelta verso la luce. Basta un piccolo varco, una piccola breccia per poter entrare in nuove dimensioni e innescare circoli virtuosi. A corollario di queste considerazioni, questo stato d'animo trova in me piena rappresentazione visiva nella tela di Maria Cristina Fasulo, di cui ripropongo a proposito alcune righe ritrovate in questi giorni.
Auguro a tutti coloro che leggeranno, di riuscire a emettere questo respiro di luce, di consapevolezza e speranza, un gesto infinitamente piccolo dagli esiti infinitamente grandi. Un passaggio dalle tenebre alla luce, dagli abissi ad altezze vertiginose.


Maria Cristina Fasulo 
 Che cos'è un respiro se non un istante vitale? Il primo e l'ultimo dei nostri respiri delimitano i confini del nostro Essere e dentro questi due confini si gioca tutta la nostra vita. La luce irrompe nel respiro fissandone l'effetto: un'apertura verso le profondità. In un gioco sapientemente bilanciato di alternanze cromatiche, irrompe questo Respiro di luce che dal cielo apre un varco verso il buio e la profondità di chi osserva. Varco discreto, consapevole, delicato. Il respiro di luce rappresenta un respiro unico nei respiri contati della nostra vita. Rappresenta  l'attimo presente, l'adesso che deve essere vissuto, il " qui , adesso e ora"  da godere che porta pace, riposo e serenità. 
Il Respiro di luce evoca nell'osservatore una sensazione di riposo, distensione. Siamo davanti a un attimo di eternità , in un'antitesi solo apparente, in cui ogni istante recupera il proprio valore unico. 
Non a caso in arabo, la radice della parola respiro  è la stessa di tutti i verbi che hanno a che vedere con il campo lessicale del riposo,  del sollievo, della distensione, del rilassamento. E non solo. Respiro  ha la stessa radice della parola calma, pausa, tregua.  
Questa tela incarna proprio ciò: un momento di tregua dove riprendere consapevolezza dell'importanza dell'attimo presente, in questi tempi in cui il vorticoso susseguirsi di attimi  , riempiti da continue incombenze e richieste sociali,  ne svuota l'importanza . Hayat Francesca Palumbo 



(1) http://www.letteratour.it/analisi/A02_baudelaire_spleen.asp