domenica 9 luglio 2017

I come invidia. Storia di uno sguardo bramoso.







Ognuno di noi ha incontrato nel corso della vita il sentimento dell'invidia: il più ancestrale di tutti.
Presente in ogni religione, sembra la base di ogni combattimento spirituale nel quale bene e male si affrontano. Per la religione cristiana l'invidia affonda le sue radici nel combattimento tra bene e male e tutte le nostre tribolazioni alla fine si riducono all'invidia del demonio nei confronti dei figli
di Dio.

"Per l'invidia del diavolo la morte è entrata nel mondo
e ne fanno esperienza coloro che le appartengono" Sap 2,24 .

Per i Buddisti e i Musulmani, l'invidia ha una connotazione lievemente più mitigata:  l'invidia è ostacolo al raggiungimento della pace della mente o di un cuore "infiammato".
"Non sopravvalutare quello che hai ricevuto e non invidiare il prossimo: colui che invidia il prossimo non conseguirà la pace della mente." Buddha 

"E che cos'è un cuore infiammato? "E' il cuore pio, immacolato, nel quale non c'è colpa, né ingiustizia, né colpa, né invidia" al Hakim al Thirmidhi

In ogni tempo ed in ogni religione, questo sentimento ha attraversato vasti territori temporali e geografici.
Partiamo in una sorta di viaggio illustrato dei meandri dell'invidia in modo razionale ed analitico.
Che cos'è l' invidia? Dal dizionario Garzanti:

1. sentimento di cruccio astioso per la felicità, la fortuna, il benessere altrui: avere invidia di qualcuno, contro qualcuno; provare, nutrire invidia per qualcuno; crepare d’invidia; essere roso dal tarlo dell’invidia | nella teologia cattolica, uno dei sette peccati capitali, consistente nel dolore per il bene altrui, considerato come una lesione o una diminuzione del bene proprio

2. desiderio di avere ciò che un’altra persona ha, non accompagnato però da malanimo; ammirazione, emulazione: ha una salute da fare invidia | la persona o la cosa che suscita tale sentimento: è entrato in azienda con un incarico che è l'invidia di tutti

Quindi, da una parte abbiamo un sentimento assai devastante, dall'altra abbiamo una chiave di lettura più attenuata, quella che in gergo si chiama "invidia buona", sulla quale sono da tempo impegnata in una lunghissima polemica con una mia ispiratrice di riflessioni.

Ragioniamo sul senso generale e più vasto dell'invidia.
Etimologicamente l'invidia ha una forte componente visiva (in- video. guardare male)
L'invidia nasce da uno sguardo concupiscente, avido. Uno sguardo che scruta, indaga, giudica le realtà altrui. Uno sguardo che vuole impadronirsi delle realtà viste anche se non gli appartengono. Lo stesso sguardo dell'opera di Gericault, geniale pittore francese del XIX secolo che ha ritratto le pieghe più oscure dell'umanità nella collezione di malati mentali.
Nei dettagli di questo volto cogliamo tutta l'avidità, la concupiscenza, la bramosia di uno sguardo che mira ad invadere e conquistare la sfera intima dell'invidiato.


 Theodore Gericault (1791-1824)
Alienata con monomania dell'invidia

L'invidia è dunque una bulimia di sguardi indiscreti. Non a caso nella Divina Commedia, gli invidiosi sono sottoposti al castigo che più gli si addice: hanno le palpebre chiuse con il fil di ferro. Come un mettersi a dieta dopo aver fatto i bagordi.

Ma quali sono le radici dell' invidia?
La radice principale è una non conoscenza e non accettazione delle proprie realtà associata ad una bassa autostima.
Invidio perché sono insoddisfatta di quello che ho. O meglio sono insoddisfatta di quello che credo di avere o che credo di non avere, e allora quando mi imbatto in qualcuno che vive realtà che virtualmente vorrei vivere, scatta l'invidia.
L'invidia illude, suggestiona, mostra cose che non sono vere. Si basa su apparenze, sul primo sguardo "dentro" che quasi sempre è fallace e superficiale. Magari noi invidiamo una taglia 40 che ha problemi di anoressia, o una coppia apparentemente perfetta che nell'intimità è in conflitto. O invidiamo l'erba del vicino che a noi sembra sempre più verde ma...





Una scarsa autostima condita con un pizzico di vittimismo sono radici secondarie dell'invidia, e se ci riflettiamo bene, queste due realtà sono sorelle della non accettazione di sé. La non equilibrata conoscenza di sé con conseguente poca autostima, porta ad uno stato di immobilismo vittimistico nel quale si è più portati a fissare lo sguardo sull'altro che su se stessi.

Come si manifesta l' invidia?
Prima manifestazione, intrinsecamente legata alla radice etimologica, è la curiosità. L'invidia è curiosa, indagatrice, manca di discrezione.
Segue la volontà dell'invidioso di sminuire chi sta accanto. La bassa autostima e i complessi di inferiorità portano ad una volontà distruttiva verso il prossimo. Volontà che fagocita una più sana e ragionevole volontà costruttiva verso se stessi.  Mi spiego meglio. Sempre con l'esempio della taglia 40. Invece di coltivare una volontà costruttiva e di miglioramento nei miei confronti mettendomi a dieta e facendo sport, coltivo una volontà distruttiva verso il prossimo con giudizi del tipo "Ragazza bellissima  ma è un' oca" oppure "guarda che sedere che ha".
Si instaura un gioco perverso di alternanza tra fasi di distruzione e incensamento. Perché l'invidioso così è: diviso in se stesso, tra ammirazione e denigrazione, tra amore ( malato ) e odio. Viene così ingoiato una una vorticosa ciclotimia tra emulazione e calunnia.
E cosi abbiamo l'invidia che se da una parte ha uno sguardo anelante e quasi adorante verso la Gloria, contemporaneamente cerca di spennarla per impedire che essa voli, come nel quadro di Menageot, pittore Francese del XVIII secolo.







Un'altra manifestazione caratterizzante l'invidia è la maldicenza. Sempre per "spiumare" e deturpare cosa meglio della maldicenza? Quante chiacchiere hanno inquinato ambienti di lavoro, famiglie, comunità.
L'invidioso tesse trame di maldicenza e calunnie per immobilizzare e tarpare le ali, per insinuare il dubbio e per gettare fango per poter emergere. Questo è lo scopo dell' invidioso.
Giotto raffigura l'invidia  come una donna dalla cui bocca escono serpenti, e sembra illustrare perfettamente le parole di Papa Francesco.




La persona invidiosa, la persona gelosa è una persona amara: non sa cantare, non sa lodare, non sa cosa sia la gioia, sempre guarda ‘che cosa ha quello ed io non ne ho’. E questo lo porta all’amarezza, un’amarezza che si diffonde su tutta la comunità. Sono, questi, seminatori di amarezza. E il secondo atteggiamento, che porta la gelosia e l’invidia, sono le chiacchiere. Perché questo non tollera che quello abbia qualcosa, la soluzione è abbassare l’altro, perché io sia un po’ alto. E lo strumento sono le chiacchiere .  
 Cerca sempre e vedrai che dietro una chiacchiera c’è la gelosia e c’è l’invidia. E le chiacchiere dividono la comunità, distruggono la comunità. Sono le armi del diavolo”.

Papa Francesco



La manipolazione della realtà è un' altro frutto dell' invidia. L'invidioso essendosi costruito una sorta di realtà parallela che gli fornisce un alibi ( lui ha questo, io no) farà di tutto per cercare di plasmare la propria realtà con la manipolazione. I manipolatori vogliono infatti  creare relazioni secondo la propria visione della realtà e non secondo la realtà stessa. L' invidioso tende a manipolare perché, non essendo padrone della propria realtà, deve plasmare i pensieri degli altri a proprio piacimento.

Una volta presa la consapevolezza della nefasta invidia, riflettiamo sui meccanismi di difesa che possiamo usare.
Non dobbiamo pensare a difenderci solo dall'invidia "in entrata" cioè quella che gli altri provano nei nostri confronti, ma dobbiamo accettare il fatto che anche noi siamo suscettibili dei più turpi sentimenti. Nessuno è immune. L'invidia in "uscita" dai nostri cuori è quella più subdola in quanto è difficile accettare il fatto di poter partorire tali sentimenti.

Difendersi dall'invidia esterna è semplice. La scelta delle amicizie è fondamentale. Diffidiamo da chi ci adula o è troppo curioso o vuole entrare nella nostra vita con saccenza, arroganza e prepotenza. Impariamo ad essere discreti sulle nostre cose, mettendo le tende alla nostre finestre interiori in modo da preservare la nostra interiorità da sguardi indiscreti. Insomma, come direbbe il mio Maestro "se non vuoi che qualcuno ti rompa le scatole, non dargli scatole da rompere".  E' difficile, sopratutto per chi ha un carattere spontaneo ed aperto, ma bisogna assolutamente renderci conto che non è possibile condividere tutto con tutti.

Combattere l'invidia potenziale che potrebbe nascere dai nostri cuori richiede un forte lavoro su se stessi.
Occorre lavorare molto sulla conoscenza di se, sulla consapevolezza delle nostre realtà e sulla ricerca della nostra dimensione. Impiegando positivamente e costruttivamente le nostre forze in questo lavoro, ci renderemo conto che le energie impiegate invidiando gli altri sono solo uno spreco che non ci possiamo permettere di dissipare se vogliamo crescere seriamente.

Sempre nell'ottica di un rinforzo della consapevolezza del nostro essere, un buon esercizio è la memoria della nostra storia. Il ripercorrere mentalmente la nostra vita ricordando le nostre vittorie e i momenti belli ci aiuta a riprendere quota e rende evanescente i motivi di invidiare il prossimo, in quanto prendiamo consapevolezza che, se anche sto passando un momento negativo, qualcosa di bello nella mia vita c'è stato. Se poi ci alleniamo nel ringraziamento ( a Dio per chi crede, o chi fa per lui ...vita, cielo o entità da voi considerata) allora, l'immunizzazione è pressoché completa.
Seguendo il motto "Agere contra", se l'invidioso si caratterizza dall'amarezza e dall'incapacità di gioire, allora io devo imparare a gioire di ogni cosa. Non sempre è evidente. Non sempre ci riusciamo. Ma dobbiamo sforzarci in quanto la lamentela è il primo passo verso l'invidia.
Ricordo il personaggio di Pollyanna e il suo gioco delle felicità. Trovare oggi giorno il positivo nella nostra vita non è una cosa buonistica e poetica, ma è un vero e proprio allenamento mentale, una sorta di palestra che ci permette di formattare al positivo i nostri atteggiamenti.






Vorrei concludere con una piccola riflessione su quella che alcuni chiamano "invidia buona".
Sono impegnata in questa simpatica querelle da mesi. Una persona vulcanica che suscita nella mia testa continui confronti, nelle nostre riflessioni mi ha fatto notare che da dizionario esiste "l'invidia buona". Lascio ad ognuno di voi un varco aperto in questo senso, per carità.
Sinceramente non condivido questa visione in quanto già intrinsecamente nella radice etimologica quel "in" non ha solo la connotazione di "dentro" ma ha anche una connotazione negativa dando alla parola il significato guardare male  (1) . Mal si sposa l'epiteto "buona" con una parola che ha una particella negativa, ed anche la definizione che segue specifica l'uso "improprio" del senso buono.





Invece di invidia buona, io parlerei di ammirazione, buon esempio, sprone. Se riflettiamo sulla parola compassione  (patire con) possiamo dire che "l'invidia buona" è il complementare della compassione, cioè "gioire con", ma non ho trovato un lemma che mi soddisfi in tal senso.
Se ci pensiamo bene, le persone nella nostra vita che ci hanno manifestato compassione, che hanno sofferto con noi nei momenti bui, sono pure quelle che vedendo i successi della nostra vita, hanno avuto uno sguardo benevolo e magari hanno preso forza ed incoraggiamento dalle nostre vittorie. Ma persone così sono veramente rare. Beato chi se ne circonda. E' possibile gioire senza invidia dei successi degli altri ( riprendendo il concetto di "invidia buona" ) solo se si è capaci anche di soffrire insieme nella compassione reciproca.

Hayat Francesca Palumbo

(1) https://unaparolaalgiorno.it/significato/I/invidia