domenica 12 novembre 2017

S come suocera...non tutte le nuore sono fortunate come Ruth.









Dedicato a genitori, figli, suoceri e mariti. L'arazzo della vita può essere un capolavoro se ogni punto illumina di colore il proprio punticino senza invadere l'altro.
Dedicato in modo speciale a mio marito Dario, con il quale abbiamo dovuto forgiare insieme nuove chiavi con le quali aprire porte nei labirinti in cui la vita ci aveva portato.


Quando penso alla formazione di una nuova coppia mi vengono alla mente molte immagini: un nuovo ecosistema che si deve assestare inevitabilmente portando uno scompenso iniziale agli ecosistemi attigui; uno scontro titanico tra due civiltà diverse; un trapianto di organo nel quale bisogna superare le possibili crisi di rigetto. La nuova coppia  si “inserisce” infatti  in un complesso di relazioni consolidato e ciò può essere traumatico per tutte le realtà, sopratutto se prendiamo in considerazione i rapporti genitori-figli. I rapporti infatti con la famiglia di origine e soprattutto con la suocera possono risentire di questa nuova realtà. Si innescano dinamiche nuove ed inaspettate dovute a questo mutamento nella vita di genitori e figli. Sebbene le identità personali rimangano immutate (la mamma è sempre la mamma, i figli sono sempre figli), i ruoli si dovrebbero evolvere seguendo il passo della dinamicità della vita. Ma non sempre è così e ciò può portare a conflitti a cui tutti, o in prima persona o per esperienze vicine, abbiamo assistito.

L'origine di tutto: il rapporto genitori-figli 
Ci sono molti rapporti che se non equilibrati e ben costruiti nel corso degli anni  possono provocarci conseguenze che ci porteremo per tutta la vita, sia nel bene che nel male.
Il più importante di questi, è quello che lega i genitori ai figli.
Quante delle nostre situazioni hanno come origine il rapporto che abbiamo avuto e abbiamo con nostro padre e nostra madre! Squilibri e problemi che rischiano di sommergerci e condizionarci  quando non gestiti in modo adulto e consapevole.
Il primo passo per rendere felici i propri figli è la consapevolezza che non ci appartengono, ma che prima di tutto sono persone. Due grandi poeti come Khalil Gibran e Jose Saramago hanno espresso questo concetto in modo magistrale.




Gibran sui figli 


Un figlio è un essere che Dio ci ha prestato per fare un corso intensivo di come amare qualcuno più che noi stessi, di come cambiare i nostri peggiori difetti per dargli migliore esempio, per apprendere ad avere coraggio. Sì. È questo! Essere madre o padre è il più grande atto di coraggio che si possa fare, perché significa esporsi ad un altro tipo di dolore, il dolore dell'incertezza di stare agendo correttamente e della paura di perdere qualcuno tanto amato. Perdere? Come? Non è nostro. È stato solo un prestito. Il più grande e meraviglioso prestito, siccome i figli sono nostri solamente quando non possono prendersi cura di sé stessi. Dopo appartengono alla vita, al destino e alle loro proprie famiglie. Dio benedica sempre i nostri figli, perché a noi ci ha benedetto già con loro. 
Josè Saramago -


Un rapporto genitori-figli maturo ed equilibrato è un prerequisito fondamentale per la costruzione di rapporti con gli altri. Ed a maggior ragione lo è per lo sviluppo di buoni rapporti con la famiglia di origine de nostro compagno/a.
Iniziare da questo punto è fondamentale per capire la genesi di alcune dinamiche familiari, soprattutto con l'introduzione di un nuovo elemento estraneo (il nostro compagno) nella famiglia di origine di ciascuno.
I rapporti di qualsiasi tipo vanno costruiti, curati, vagliati, pianificati senza dare nulla per scontato. La consapevolezza di una relazionalità equilibrata da costruire è fondamentale in quanto i genitori devono proprio preparare i figli a tessere la loro vita mediante la formazione di una rete di relazioni, ed è proprio la famiglia il primo luogo dove si impara a fare ciò. Bisogna per questo considerare e riconoscere che i nostri figli, oltre e prima di essere "piezz' è core" hanno una loro identità personale. Purtroppo a volte, questa realtà sfugge. Non sempre si riesce a varcare quella soglia, quel passaggio  psicologico da una persona, nell'entità unica mamma incinta più bambino, a due persone, ognuna con una propria identità, mamma più bambino "separati" dopo il parto. Spesso si assistono a dinamiche in cui la maternità viene centrata solo sull'Ego materno e non sulla donazione di una nuova vita indipendente. Si assiste quindi ad uno strano fenomeno di ribaltamento dei ruoli in cui il cordone ombelicale non serve più a nutrire il bambino ma a nutrire la mamma in un rapporto di squilibrio affettivo che non potrà far altro che portare a conseguenze nefaste, in quanto ogni relazione fondata su un presupposto di possesso o sfruttamento emotivo è destinata a fallire, anche tra genitori e figli. Ci sono madri che hanno partorito solo fisicamente ma non ancora psicologicamente, volendo rimanere in quello stato di estasi perenne di "donna incinta", ma ciò non è possibile, non è né reale né naturale.
Il diventare suocera rappresenta la cartina tornasole della recisione del cordone ombelicale. Cordone che andrebbe tagliato al momento opportuno, con una grande dose di coraggio, generosità ed onestà sentimentale. Quando ciò non avviene nei tempi e modi idonei, sono grossi guai. Alcune madri, arroccandosi dietro ad un distorto concetto di amore materno non lasciano la loro postazione per nessun motivo al mondo. Così però, obbligano i figli una volta adulti, a tagliare, contro natura, essi stessi il cordone ombelicale. Ma ciò sarà molto più doloroso per ambedue le parti in quanto ci vorrà un'ascia per riuscire a infrangere un cordone diventato catena sclerotizzata dagli anni, da frustrazioni e risentimenti da parte di entrambi. Doloroso e difficile. Questo tipo di dinamiche sembrano essere molto più frequenti tra i figli maschi e le loro madri. Nell'immaginario collettivo e negli stereotipi, è la mamma dell'uomo che dà maggiormente filo da torcere nella vita di coppia. Il rapporto madre-figlio è diverso da madre-figlia. Abbiamo due canali comunicativi diversi che risentono della fisiologica differenza tra uomo e donna. Se nel rapporto madre-figlia il rischio più alto è quello della competizione e del paragone, il lato positivo è che due donne si capiscono meglio di quanto si capiscano uomo e donna, e quando hanno trovato una strategia condivisa, riescono a unirsi in complicità per affrontare comuni dinamiche familiari. Il rapporto madre-figlio è soggetto a problematiche diverse, dovuto al pericolo di trasfert e sovrapposizioni di ruolo che può raggiungere livelli patologici in certi casi, come per esempio quando muore il padre e la madre riversa sul figlio tutto il suo pathos.  


Onorare il Padre e la madre: dall'infanzia alla maturità. 


Il recidere il cordone ombelicale non significa dimenticare o abbandonare i propri genitori. Anzi, significa invece dare una connotazione più matura ed adulta a questo rapporto. In ogni cultura, il rispetto verso i genitori è un caposaldo per la società  Perfino nel codice civile italiano l'art. 315 (1) indica il dovere civile di rispetto dei figli nei confronti dei genitori.
Il comandamento divino recita testualmente Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.  (2) 
Può capitare che il comandamento venga usato come ricatto affettivo o spada in mano a genitori che hanno una visione distorta del concetto di "onorare". L'etimologia viene in nostro aiuto facendo chiarezza. Onorare viene dal latino "onus" da cui viene anche l'italiano "oneroso", che significa pesante, ciò che ha peso. Onorare quindi significa dare peso, attribuire valore, attribuire il giusto peso, valorizzare in maniera adeguata, dare il giusto valore a padre e madre. Tradotto con una formula negativa significa non disprezzare. "Disprezzare" vuol dire dare un valore sbagliato, un prezzo sbagliato. Se noi disprezziamo i nostri genitori non saremo mai felici in quanto non diamo giusto valore e disprezziamo la  nostra origine. Onorare i genitori non significa quindi cedere ad ogni loro richiesta passivamente ma dare a loro il "giusto peso", a prescindere dai loro caratteri, dai loro sbagli, perché, ricordiamo, i nostri "eroi dell'infanzia" sono esseri umani che sbagliano e che inevitabilmente, come tutti gli esseri umani commettono errori che ci condizionano.
Onorare il padre e la madre implica anche accettare i loro limiti, le loro imperfezioni, implica imparare a perdonarli collocandoli in questo modo nel giusto ordine delle cose. Concedere ai nostri genitori di sbagliare e perdonarli ci fa diventare adulti. Riuscire a costruire buoni rapporti con i genitori innesca un circolo virtuoso in quanto : 
- si impara ad essere buoni marito e moglie essendo buoni figli;
- si è buoni figli perdonando i genitori;
- buoni rapporti con suoceri/generi-nuore sono fondati su buoni rapporti genitori/figli; 
- buoni rapporti genitori/figli si costruiscono onorando (dando il giusto peso) ai genitori. 


Ruoli ed identità: gli altri non siamo noi.

Nel momento in cui si forma la nuova coppia il palcoscenico della vita si affolla e inevitabilmente ci saranno cambiamenti nei ruoli degli attori. Sebbene le identità vengano mantenute, i ruoli cambiano, si evolvono con lo scorrere del tempo. I genitori devono prendere consapevolezza della crescita, sia anagrafica sia psicologica dei propri figli, che diventati adulti, avranno sempre bisogno di loro ma in modo diverso. Quando questo non succede si entra in conflitto. Per esempio, ci sono mamme che ancora comprano la biancheria ai figli sposati o li trattano da bambini davanti alle loro mogli con vezzeggiativi e atteggiamenti infantili che rasentano il ridicolo, non rendendosi neanche conto dell’inopportunità della cosa. Il primo incontro con la suocera non si scorda mai, come nell'esilarante film con Jane Fonda. Piccoli campanelli di allarme nei primi mesi di fidanzamento vengono sottostimati e irrisi, sulla scia dell'innamoramento. Ma ci sono, e eventuali comportamenti inadeguati e inopportuni se non frenati nel tempo opportuno, si amplificano esponenzialmente. 





Dal film "Quel mostro di mia suocera" con Jane Fonda e Jennifer Lopez

Se viene fatta rilevare l'inadeguatezza di alcuni comportamenti delle suocere, che sembra non si rendano conto, si assiste all'effetto "Cado dalle nuvole" stigmatizzato dalle solite frasi “Ma che male ho fatto?", “Eppure l’ho sempre fatto!" e così via.
I figli per quieto vivere e perché hanno già "troppe cose a cui pensare e queste non sono cose importanti" tendono a  minimizzare queste dinamiche davanti alla moglie (“Lascia fare” , “Lascia correre” , “Falla contenta”) ottenendo l’effetto opposto, aumentando il senso di frustrazione delle mogli che dopo un po’ scoppiano. 
Un altro esempio in cui c’è una grossa confusione di ruoli è quando si instaura una “competizione-sovrapposizione” tra suocera e nuora, e nel peggiore dei casi anche tra suocera e suocera... Ci sono suocere che per esempio vogliono imitare le nuore e nel peggiore dei casi anche le consuocere nel vestire e nel comportarsi generando una vera e propria Babilonia di rapporti traslati e sfalzati che nulla hanno a che vedere con la realtà. Una situazione tipica è quando le suocere vengono a casa  degli sposi e danno continuamente consigli “non richiesti” in un fenomeno di transfert psicologico degno di Freud, nei quali la propria realtà non viene vissuta ma si cerca di vivere quella degli altri. 

Avere una giusta consapevolezza dei ruoli e delle identità evita la maggior parte dei conflitti familiari. Quando questo è difficoltoso o non scontato come si fa? 
Prima di tutto è essenziale riconoscere il problema e non nasconderlo minimizzandolo o negandolo con le soliti frasi preconfezionate tipicamente maschili del tipo: “Ma è fatta così” , “Non è cattiva” , “Ci vuole tempo”.  Ricordiamoci il vecchio detto popolare “Il medico pietoso fa la piaga purulenta”. Molte dinamiche che nascono come formiche, se non affrontate subito possono diventare veri e propri bisonti. Il dialogo sincero e schietto nell'intimità della coppia rimane la base per superare le difficoltà. Il rischio che si corre, sopratutto nei primi anni di matrimonio. è quello di ritenere responsabile il compagno delle parole e azioni dei suoi genitori. Dobbiamo ricordarci che il libero arbitrio esiste e che responsabile delle azioni o parole di una suocera è esclusivamente lei stessa. 
Solo con la base del dialogo e del confronto si riesce a evitare questa trappola. Il dialogo sincero tra i due permette inoltre di elaborare insieme strategie difensive e preventive. Chi meglio di un figlio che conosce i propri genitori  può dare dritte e suggerimenti su come evitare o gestire i conflitti? Questo può essere un gran esercizio per sviluppare la complicità nella coppia e un modo per aumentare la condivisione magari di problemi atavici che così verranno alleggeriti.

Piccole strategie 

In conclusione a questo lungo iter, seguono alcuni spunti pratici che potrebbero aiutare in un'ottica di gestione più serena dei rapporti.
  • Il dialogo 
Il dialogo nella coppia fa miracoli. Imparare a dialogare con serenità e sincerità previene molti problemi e conflitti. In una società dove il dialogo, (quello vero, vecchio stile, occhi negli occhi, per intenderci) viene sempre più soppiantato da canali comunicativi laconici ed immediati, la comunicazione profonda e veramente efficace viene profondamente penalizzata. Spendere del tempo con il proprio compagno rilassa i rapporti e permette di acquisire nuove chiavi per migliorare quelli già presenti. 

  • Costruirsi una propria identità di coppia
Il dialogo e la capacità di passare del tempo insieme ha come prima positiva conseguenza la costruzione di una solida identità di coppia. E’ importantissimo soprattutto nei primi anni di matrimonio non lasciarsi prendere dal vortice delle visite e di tutte le domeniche passate dai parenti, ma  essere molto equilibrati. Si deve entrare in modo decisivo nella logica che i ruoli cambiano come abbiamo già ampiamente detto, e che siamo di fronte ad una nuova realtà che va considerata.

  • Non prendere decisioni da soli senza accordo col coniuge. 
La costruzione dell'identità di coppia avviene sopratutto nelle piccole dinamiche di ogni giorno. Con l'avanzare dell'età  i  genitori ridiventano come bambini. Individuano il punto debole della coppia e vanno da lui (o da lei) per fare inviti, carpire autorizzazioni, informazioni all’ insaputa dell’altro. E’ importante per questo non prendere decisioni da soli ma solo decisioni condivise con il proprio coniuge, in un'ottica di unità di coppia. Come faccio infatti a far passare il messaggio che faccio parte di una nuova realtà, se ancora mi comporto da single e non prendo decisioni con il mio compagno? Se i genitori intuiscono la minima fessura e la coppia manca di compattezza, inevitabilmente ci saranno conflitti e problemi. 

  • Non dare scatole da rompere 
Spesso le nuore si lamentano che le suocere "rompono le scatole". A questo proposito, una persona per me assai autorevole mi rispose ironicamente che la colpa era la mia che davo  le scatole da rompere. Il sillogismo è perfetto oserei dire filosofico: Se la suocera rompe le scatole, non dargli nessuna scatola!
Questo passo fondamentale presuppone notevole acume e uno "sguardo penetrante" in grado di cogliere e capire sfumature per poter leggere gli animi. Se sappiamo che un discorso può diventare fonte di discussione, intromissione o critica, semplicemente evitiamolo, o interrompiamolo sul nascere. 

  • Passare tempo da soli con i propri genitori. 
Continuare a tessere il proprio rapporto filiale e renderlo sempre più maturo abbassa l’ansia e il sentimento da “nido vuoto” che può insorgere nei genitori. Senza un “estraneo” in mezzo (ricordiamo che comunque, almeno all’inizio il nostro compagno è un elemento estraneo alla nostra famiglia) i genitori sono più rilassati ed è più semplice affrontare eventuali problematiche spinose. Il passare del  tempo insieme con i genitori in fase adulta può essere una buona occasione per ricordare le cose belle fatte insieme, per esprimere il nostro sentimento di gratitudine per quello che ci hanno dato, per prendere consapevolezza di tutto un cammino percorso insieme. Il tempo passato insieme può essere momento di intimità filiale che permette di tirare fuori risentimenti, traumi e rancori anche magari a livello subconscio, sepolti dagli anni e irrisolti,  e iniziare così un processo di guarigione affettiva indispensabile per poter  godere appieno della vita. 

  • Non forzare le cose
Purtroppo, essendo cresciuti in una determinata realtà e avendo ricevuto l'imprinting "Lorenziano" sin dalla nascita, è inevitabile proiettare il nostro modello di famiglia su quello del nostro compagno.  Dobbiamo invece prendere consapevolezza che cose che per noi sono scontate a livello familiare,  per altri possono essere fuori dalla norma. Detto in linguaggio più concreto, il motto celeberrimo "gli altri siamo noi" di Tozzi del lontano 1991, non regge minimamente. Gli altri non siamo noi. Ognuno di noi ha proprie realtà, limiti modi e costumi che vanno rispettati, conosciuti e valutati. In una società in cui per colpa di una tendenza verso un buonismo spietato che tenta di annullare tutte le identità, si rischia di confondere le acque e di volere a tutti costi ricercare unioni incompatibili tra le famiglie di origine, anche se animati dalle le migliori intenzioni. Non necessariamente bisogna riunire le due famiglie di origine. Se ci sono incompatibilità che fanno soffrire troppo e rischiano di essere causa di conflitto per la coppia, si possono pianificare momenti distinti, cercando di equilibrare con tanta carità tutte le situazioni ed esigenze. Ciò ovviamente non significa tagliare i ponti, ma anzi significa rendersi conto della realtà e della natura delle persone in un ottica di costruzione di rapporti "sostanziosi". Se infatti "gli altri non siamo noi", a maggior ragione siamo spronati a far fruttare le nostre capacità empatiche e sviluppare nuovi canali comunicativi per poter migliorare la nostra relazionalità. 


Concludendo: non tutte le nuore sono fortunate come Ruth e non tutte le suocere sono fortunate come Noemi 


La storia di Ruth e Noemi mi ha accompagnato fin dalla mia infanzia. Ricordo il film degli anni '60, con un bellissimo Stuart Whitman nei panni di Booz che incarnò il mio primo prototipo adolescenziale di principe azzurro quando sognavo da sempre una suocera come Noemi. Una storia di amore e di tenerezza. Una storia di complicità, di dedizione e donazione femminile tra suocera e nuora. Dopo, per par condicio, va visto anche il film "Quel mostro di mia suocera", in quanto propone un' ottica diametralmente opposta. Nella ricchezza delle possibilità umane è proprio così: ci possono essere rapporti di ogni tipo. La cosa importante è di tenere sempre al centro l'identità di coppia. 







Ricordando questa storia con mio marito, ironicamente ci siamo chiesti : ma  un rapporto così buono non sarà stato mica dovuto al fatto che Ruth era vedova e quindi il marito (figlio di Noemi) non poteva creare incidenti diplomatici come spesso fanno inconsapevolmente i mariti? Ai posteri l'ardua sentenza e buona visione ! 
Hayat Francesca Palumbo 



Note
(1)
Art. 315-bis
Diritti e doveri del figlio.
Il figlio ha diritto di essere mantenuto, educato, istruito e assistito moralmente dai genitori, nel rispetto delle sue capacita', delle sue inclinazioni naturali e delle sue aspirazioni.
Il figlio ha diritto di crescere in famiglia e di mantenere rapporti significativi con i parenti.
Il figlio minore che abbia compiuto gli anni dodici, e anche di eta' inferiore ove capace di discernimento, ha diritto di essere ascoltato in tutte le questioni e le procedure che lo riguardano.
Il figlio deve rispettare i genitori e deve contribuire, in relazione alle proprie capacita', alle proprie sostanze e al proprio reddito, al mantenimento della famiglia finché' convive con essa.

(2) 
Esodo 20,[12] Onora tuo padre e tua madre, perché si prolunghino i tuoi giorni nel paese che ti dà il Signore, tuo Dio. 
Deuteronomio 5,[16] Onora tuo padre e tua madre, come il Signore Dio tuo ti ha comandato, perché la tua vita sia lunga e tu sii felice nel paese che il Signore tuo Dio ti dà.