domenica 20 novembre 2016

R come resilienza...ovvero l'arte della cedevolezza







Dedicato a Michele... che per decenni ha cercato di insegnarmi la via della cedevolezza. Solo adesso ne intravedo il valore. Meglio tardi che mai. 



La parola resilienza è una parola sacra.  E' una chiave verso la pace interiore. 

La resilienza da dizionario è la "capacità di un materiale di assorbire un urto senza rompersi".  In psicologia è la "capacità di un individuo di affrontare e superare un evento traumatico o un periodo di difficoltà". 
La resistenza invece è l' "azione tendente a impedire l'efficacia di un'azione contraria" . 
Resistenza e resilienza sono diverse, ma legate tra esse, in una relazione solo apparentemente antitetica. 
Il resiliente infatti, con lo scopo a lungo termine di impedire un' azione e i suoi effetti, li subisce, ma solo temporaneamente, assorbendoli, perché ha capito che contrastandoli con un'azione contraria come farebbe un resistente, rischia di spezzarsi. 
La nostra  mente e il nostro cuore mentre affrontano un avvenimento traumatico o uno  stress, sono alla continua ricerca di una nuova omeostasi, un nuovo equilibrio che dia un minimo di pace.
E qui entrano in gioco due componenti a lungo termine dalla resilienza: la pazienza e la  cedevolezza.
In un ipotetico viaggio etimologico, possiamo immaginare la resilienza come la fusione della resistenza con la pazienza, che ricordiamo deriva dal verbo latino patior che significa “subire, sopportare”, da cui “soffrire”.

Dopo l'impatto con l'urto nella fase di adattamento e rielaborazione, la resistenza deve lasciare il posto alla pazienza, alla capacità di soffrire e alla cedevolezza.

Una leggenda narra che un uomo, durante una forte nevicata, notò i rami di molti alberi grandi e forti di ciliegio che si erano spezzati sotto il peso della neve. Solo un albero aveva resistito. Era il salice. I suoi rami, flessibili e cedevoli si piegavano lasciando cadere la neve.
Davanti ad uno stesso evento, vediamo i diversi risultati del resistente ciliegio e del resiliente salice, che è riuscito a superare la nevicata con la cedevolezza dei suoi rami. 
Da qui nasce il termine JU DO  che deriva proprio da 
 柔 jū, yawara gentilezza, adattabilità, cedevolezza, morbidezza e 道 dō, michi  via
Ovvero la via della cedevolezza. 

Ma non dobbiamo pensare alla cedevolezza come ad una mancanza di forza, una passività. Cedevolezza e resilienza implicano una forte capacità strategica, implicano la capacità di riuscire a mettersi d'accordo con i propri nemici, la capacità di addomesticare le proprie ombre e di riuscire a sfruttare la forza che l'avversario vorrebbe scagliare contro di te. 
La cedevolezza implica anche una grande dose di umiltà, di riuscire a chinarsi verso la terra e l'acqua, che ci danno vita. Cedevolezza è chinarsi, per rimanere sempre più vicini alle nostre radici.

Io sono 
Salice lungo il corso dell'acqua
Mi chino verso la fonte di vita 
Quando nevica 
sento il peso e il freddo della sofferenza. 
E mi chino ancor di più
verso la fonte della vita 
per avvicinarmi alle mie calde radici 
E mentre vedo il ciliegio che si spezza 
mi arrendo lievemente al freddo e al peso.
E' solo un attimo e la neve è già scivolata via. 
Solo un attimo.
Un attimo per l'eternità. 

Hayat Francesca Palumbo 






1 commento:

  1. Cara Francesca dovremo aggiungere molti più aggettivi per riuscire a spiegare la complessità del riuscire ad essere realmente resilienti. Un allenamento continuo per non permettere a nulla di incrinare lo stato di equilibrio che,costantemente, ogni giorno, tentiamo di mantenere...

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